Mi chiamo Esperer. Ho sei anni. I bambini che conosco sono diversi da me, anche se
per loro sono io quello diverso. La mia pelle ha lo stesso colore del cioccolato
fondente ed è molto più scura di quella dei miei amici, che ce l'hanno bianca come la
mozzarella. Forse perché io sono nato in Tunisia. A dire la verità non sono proprio
nato in Tunisia, ma i miei genitori sì. Io sono nato su una petroliera di vecchio tipo, a
scafo unico, in mezzo al mare, circondato da sporcizia, lerciume e da tante altre
persone con il mio stesso colore della pelle. Mamma e papà erano poveri e vivevano
nella miseria ormai da tantissimi anni. Pensate che io non ho mai conosciuto mia
sorella perché mamma e papà non riuscivano a darle da mangiare e lei é morta di
fame prima che io nascessi. Quando mamma ha saputo che io stavo fiorendo nel suo
grembo, ha scelto di darmi un futuro migliore, diverso da quello di mia sorella, che ha
smesso per sempre di respirare a cinque anni. Così ha deciso di tentare la fortuna
imbarcandosi insieme a papà e a degli altri tunisini molto poveri in quella che i miei
compagni di classe a Lampedusa chiamano "carretta del mare". Io sono nato
prematuro. Mamma si aspettava di partorire qualche mese dopo lo sbarco a
Lampedusa, sulla terraferma, in un ospedale magari. Invece, dopo sette mesi che mi
stringeva nel suo ventre, ho cominciato a spingere per uscire alla luce. Sono venuto
al mondo proprio in quella carretta del mare. Esattamente lì, tra lo stupore e
l'imbarazzo di quasi due centinaia di persone che stavano incollate l'una all'altra
perché la barca su cui viaggiavamo era troppo piccola. Sono nato durante un viaggio
della speranza. Mamma ha detto che ero bellissimo e che tutte le persone che erano
con noi mi guardavano piene di gioia e meraviglia, perché ero la prima vita che
nasceva dopo tante vite affogate tra le onde del mare. Per questo mi hanno
chiamato Esperer, che in francese significa "speranza". Quest'anno ho cominciato ad
andare a scuola come tutti i bambini e le maestre ogni volta che mi vedono mi
abbracciano e mi coprono di baci. Inoltre tutte quante mi parlano in francese, perché
sanno che é una delle lingue ufficiali della Tunisia. Forse sono così gentili con me
perché conoscono la mia storia. Sanno che la categoria di carrette del mare su cui
viaggiavano i miei genitori e su cui sono nato, é la più pericolosa di tutte e che se solo
fosse capitato un incidente, sarei stato vomitato in acqua insieme a persone e veleni,
senza possibilità di scampo. Anche i miei compagni di classe sono gentili. Tranne
quando dicono che sono diverso. Io ho due occhi, un naso, una bocca, un paio di
orecchie e cinque dita per mano come loro, cosa abbiamo di diverso? In futuro spero
di viaggiare tanto. Mamma e papà dicono che per viaggiare devo sforzarmi di capire
senza presunzione come funzionano gli ambienti nuovi e che devo essere sempre
attento e rispettoso. Penso che il mio destino sia stato scelto nel momento in cui
sono nato: io sono stato dato alla luce in quella vecchia nave per dare gioia ai miei
genitori e per far spuntare il sorriso sul volto di tutte quelle persone, che ormai
avevano perso ogni speranza. Io sono nato in mare perché é lì che devo tornare per
viaggiare.
Jada Rubini