Renato Mainardi

(Cavarzere, 1931 - Roma, 1977)


Autore drammatico.

Si afferma tra gli anni '60 e '70 come una delle voci più interessanti della drammaturgia dell'epoca.
In realtà aveva iniziato appena ventenne, nel 1951, trasferendosi nella capitale.
Tra il 1951 e il 1972 scrive otto commedie, cinque delle quali vengono rappresentate.
Nel 1990 viene rappresentato, postumo, un suo testo inedito, Per non morire , a Montegrotto Terme.
Il suo è un teatro di parola, di impronta fondamentalmente realistica, che affronta grandi tematiche esistenziali.
L'intellettuale a letto , sua opera prima, viene rappresentato per la prima volta a Milano al Teatro del Convegno nel 1959.
Nel 1972 Arnoldo Foà mette in scena Per una giovanetta che nessuno piange a Viterbo.
Alla Cooperativa Teatrale Attori Riuniti si deve invece Amore mio nemico , regia di Nello Rossati (1973).
Del 1975 è lo spettacolo Antonio von Elba, a Lecco, di cui Pier Luigi Pizzi cura scene e costumi.
La compagnia stabile del Teatro Filodrammatici mette in scena Giardino d'inferno con Paola Borboni a Milano (1976).
Da ricordare, tra le altre pièce, Il vero Silvestri , dal romanzo di Soldati, che viene allestito dallo stesso autore sempre ai Filodrammatici (1977), e Una strana quiete, recitato da Eva Magni, Franca Nuti e Riccardo Pradella nel 1979.


Filmografia

GLI ONOREVOLI - [1963]
QUESTO MONDO PROIBITO - [1963]
PARIGI O CARA - [1962]
L'AMORE DIFFICILE - [1962]

 


"Un drammaturgo veneto da rispolverare"

Roxana Utale - Università di Bucarest,
Accademia di Romania, Roma

Il secolo XX era cominciato sotto buoni auspici per la drammaturgia italiana: dopo il lungo periodo segnato dalla figura di Gabriele D’Annunzio, l’Italia era stata la protagonista europea - e non soltanto - del Futurismo. Parte dei "grotteschi" (Sam Benelli, Luigi Chiarelli, Pier Maria Rosso di San Secondo ecc.) avevavo avuto un certo successo sui palchi del tempo. Appare poi la singolare figura di Luigi Pirandello che dà nuovi fondamenti al teatro non solo italiano ma mondiale: scrittura drammatica, messa in scena, psicologia del personaggio, organizzazione dello spettacolo, tutto uscirà trasformato dalle sue mani. Però, con la sua morte, il posto di commediografo nazionale rimarrà vacante. Anche oggi. Evidentemente in tutto questo periodo si scrisse teatro, apparvero nuovi nomi che per un decennio o due riuscirono ad attirare l’attenzione ma i loro lavori non raggiunsero mai il valore che altrove avevano le pièces di Williams, Jonesco o Brecht, per fare solo alcuni nomi. Tanti nomi di questa pleiade di scrittori di teatro italiani dell’ultimo sessantennio andarono persi tanto dalla memoria del pubblico quanto da quella della critica e della storia della letteratura drammatica.
Questo succese anche a un drammaturgo veneto, Renato Mainardi (Cavarzere, 1931 - Roma, 1977), che oggi raramente viene rappresentato, che ebbe, postmortem, un’unica edizione complessiva delle sue commedie e che sembra non presenti alcun interesse per la critica.
È per questo che proponiamo con questo breve saggio una rilettura del teatro di Mainardi nel desiderio di tracciare alcune linee nell’interpretazione della sua opera.

Prematuramente scomparso, Renato Mainardi lasciò una creazione drammatica abbastanza ridotta: otto pièces nell’arco di più di vent’anni. Il suo interesse per la scrittura drammatica datava dal 1951 e, anche se non sia riuscito a trovare sin dal primo momento il tono giusto, la sua evoluzione sarà assai rapida, così che già al secondo testo godrà dell’attenzione del pubblico. Almeno strano rimane il silenzio innaturale della critica. I giornali annunciano le prime delle commedie di Mainardi valutando però in modo più che superficiale la maniera di scrittura, lo stile, le innovazioni del commediografo. I suoi testi sono – anche nel quinto decennio, quando si sarebbe potuta sospettare un’immaturità delle abilità analitiche dell’autore – il risultato di un accuratissimo esame del suo tempo e della sua gente.
In Mainardi si può parlare senza ombra di dubbio di "nuda e accanita esposizione degli eventi", della capacità di sorprendere un significato centrale di una storia, nonché dell’abilità di partire dalla realtà per proporre - dopo averla programmaticamente deformata - un’altra interpretazione che forse sfuggiva all’osservazione degli altri.

Serban Marin, November 2001, Bucharest, Romania
smarin@dnt.ro


- Leggi l'articolo di G.A. Gibotto "Un dramma familiare che si ripete" - Il Gazzettino, 13 maggio 1990

- Leggi cosa dice di Renato Mainardi il sito EposTeatro.com

- La parodia e il paradosso della commedia dell’autore Renato Mainardi... continua a leggere (dal sito Polignanoweb.it)


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