Le origini del
duomo di S. Mauro di Cavarzere si perdono nel tempo. La costruzione di quello distrutto nel 1945 risaliva al 1755. Del precedente non si hanno ricordi, né dello stile, né delle dimensioni. Si sa che già esisteva nel 1500 e nel 1700 mostrava i segni di una decrepitezza avanzata. Il primo documento su questa
chiesa-parrocchia è del 1288, anno in cui la sede arcipretale era vacante.
Nel 1724, il Comune, che ne era il jus patrono, ne propose un radicale restauro. In successive decisioni, del 1732 e del 1740, la amministrazione comunale convenne per una costruzione
ex novo, più artistica e più vasta.
Il settecentesco progetto venne elaborato dall'architetto
Antonio Scapin del Tresto. Ne assunse l'impresa
Girolamo Bianchi. La costruzione richiese oltre 5500 palafitte di pino, larice e rovere e una vera cava di sasso d'Istria.
L'opera fu condotta a termine nella sua mole muraria nel 1793. Era come una cattedrale. Di stile
greco-romano, con maniera palladiana, misurava 63 metri in lunghezza, 40 di navata, 25 di coro e 25 di larghezza.
Arretrato dall'Adige una quarantina di metri rispetto al precedente edificio sacro, volgeva la facciata verso il fiume, come tutte le principali costruzioni paesane del tempo.
Questo duomo fu finanziato con le vistose riserve della
scuola di S. Rocco; dal
Fòntego del macinato (che ottenne dalle
Milizie de mar della
Repubblica l'autorizzazione a prelevare per 40 anni il dieci per cento sui sacchi di granaglie macinate nel territorio); col contributo di 10 mila
ducati della Serenissima; con le offerte della popolazione e con il ricavato della vendita del materiale recuperato dalla chiesa demolita.
Nel 1795, lo benedisse e lo aprì al culto, con autorizzazione vescovile, l'arciprete
Giuseppe Piasenti. Venne consacrato nel 1800, dal
vescovo Sceriman. Mancava ancora di tutto, ad eccezione di due altari laterali (uno del
Santissimo, l'altro della
Madonna), che provenivano dalla chiesa precedente.
Nel 1807 vennero acquistati un organo e la cantoria. Dalle chiese dismesse di
S. Spirito di Venezia e di
S. Pietro di Murano furono comprati in seguito un altro organo e un'altra cantoria, con registri del
Callido. I due organi furono rimaneggiati dal
maestro di cappella di S. Marco e ridotti ad uno solo di 40 registri.
Il baldacchino che sovrastava l'altare
Maggiore, in ferro e rame battuto, dorato con oro zecchino, era del 1822. Nel 1827 fu costruito il monumentale altare delle
Anime del
Fadiga. Per il pavimento della navata, in marmo rosso e bianco di Verona (1832), ogni famiglia sostenne la spesa di 5 lire (costo di un quadro).
Del
Fadiga era anche l'altare di
S. Antonio (1840), uguale a quello delle
Anime. Nel 1846, ne dipinse la pala il celebre
Natale Schiavoni di Chioggia, chiamato "
il pittor delle grazie". Sosteneva che questo era il suo capolavoro.
I massicci candelabri in ottone degli altari furono comperati dal
Ferruzzi di Verona. L'altare di
S. Giovanni, gioiello di scultura, decorato da una pala di
Giacomo Roveda (1860) era stato donato da
Gerolamo Luna.
Nello stesso
1860, tra l'altro,
Andrea Danielato, altro indimenticabile benefattore di Cavarzere, fece costruire l'altare
Maggiore fino alla predella. L'opera venne completata dall'amministrazione civica (
Huc usque circum Andrea Danielato - Superius Comunitas: questa la dicitura che era scolpita nel retro).
II magnifico apparato di questo altare, con i quattro busti di
S. Prosdocimo, S. Lorenzo Giustiniani, S. Carlo e S. Agostino (ai quali erano appese le relative
reliquie) era stato acquistato nel 1869 dal
Giussani di Milano.
Nel 1875 mons.
Mainardi regalò alla parrocchia la
pala del
Roveda rappresentante l'
Immacolata e S. Mauro, che troneggiava nel coro come sfondo all'altare
Maggiore.
Nel 1914, la ditta
Malvestìo di Padova rimaneggiò nuovamente l'organo, arricchendolo con un
concerto di viole e con un
complesso di trombe reali francesi e tedesche. Con 56 registri, era uno dei maggiori organi del Veneto. La spesa fu sostenuta da
Domenico Carrari.
Il duomo subì un restauro generale nel 1938: con il rifacimento degli archi, la sostituzione dei telai da vetro e la decorazione pittorica; opera questa del pennello del
Corrompai di Venezia. La ricostruzione dell'arco
del coro rese necessario lo spostamento dell'organo elettrificato: il grande fu collocato nella cantoria di destra, la
console in coro.
Questi ultimi lavori non vennero mai collaudati, in seguito alle incursioni aeree. Quello che era considerato il più grande monumento d'arte cittadino, e che per un secolo e mezzo era stato il cuore di Cavarzere cristiana e il suo vanto, nelle giornate del 23, 24 e 25 aprile 1945 fu ridotto in un cumulo di macerie.
Non appena cessate le ostilità, l'onere della ricostruzione venne assunto dal governo centrale. E secondo il desiderio più volte insistentemente espresso dall'arciprete mons. Scarpa,
venne rifatto quasi "com'era e dov'era". Unica variante fu l'inversione della facciata, che oggi è rivolta a mezzogiorno, e che fu dettata dalle esigenze del piano regolatore del paese, steso dall'architetto
Scattolin.
L'architetto
Guido Cirilli, presidente dell'
accademia delle Belle arti di Venezia, conosciuto in campo artistico nazionale e che fu incaricato della riedificazione, credette opportuno arricchire il nuovo duomo di
S. Mauro della facciata mancante nel precedente. Ma il progetto, già approvato, fu in seguito ritenuto "
troppo dispendioso".
I lavori di ricostruzione incominciarono nel 1950 con le fondazioni, che richiesero circa 700 pali
trivellati in cemento armato di 30-40 centimetri di diametro (sprofondati dai 18 ai 25 metri). Ripresero dopo l'alluvione del Po del 1951 (nel 1953), con la posa della prima pietra. Venne così portata a termine la costruzione del rustico dell'edificio.
Nel 1955 furono edificate le adiacenze (sacrestia, uffici;
cappella del Crocifisso, casa dei cappellani) e rifinito tutto il complesso.
Alto 37 metri, (qualche metro in più per un errore di calcolo) l'attuale duomo fu benedetto e aperto al culto nella festa di
S. Mauro del 1956 dal vescovo mons. Piasentini. Mancavano ancora i lavori di rifinitura. Il tempio fu solennemente consacrato dallo stesso presule nel 1959.
Da "
Cavarzere, la sua storia e la sua Chiesa" di
Rolando Ferrarese.
Leggi l'articolo di Rolando Ferrarese per L'Avvenire d'Italia del 30/11/1954
"Virtualmente risorto il Duomo di S. Mauro M."
Una "curiosità": (pagina 68 del libro "L'ANTICO DUOMO DI SAN MAURO" di Carlo Baldi)
L'ALTARE DI SANT'ANTONIO
Ci si apprestava ad iniziare i lavori per erigere l'altare di Sant' Antonio quando nell'aprile del 1837 vi fu la breve visita dell'arciduca principe Ranieri d'Asburgo, viceré del Regno Lombardo-Veneto. Giunse discendendo il Gorzone da Brondolo, dove aveva visitato l'impianto idrovoro col quale il barone Testa si riprometteva di bonificare le valli del Foresto. Sceso a terra a Ca' Dolfin e accolto dalle autorità civili e religiose, l'arciduca accettò l'invito di recarsi in paese. A piedi arrivò all'Adige e passò alla destra. Entrato nel duomo, lo trovò "notevole per l'ampiezza e la forma architettonica, quasi completamente decorato da indistinto zelo di pietà e religione".
In realtà, molte cose ancora mancavano, anche se in quegli ultimi anni molto si era fatto. Dal 1822 splendeva in alto, fra presbiterio e coro, il grande baldacchino interamente dorato, costruito in rame e ferro battuto, con parti in cirmolo scolpito. Nel 1828 la parete del coro era stata fornita di spalliere a due ordini in noce lucidata a cera, lavoro degno di una cattedrale, a giudizio di mons. Scarpa. Quattro anni dopo si era provveduto a pavimentare la navata con quadri marmo bianco e rosso di Verona. Un intervento lungamente atteso per il decoro del tempio, la cui spesa venne sostenuta dai parrocchiani. Ogni famiglia s'impegnò ad offrire un quadro del costo di cinque lire e qualche soldo.
I più poveri diedero ciò che potevano, una o due lire ma non mancò la generosità dei benestanti: fra i molti, il possidente Salvagnini insieme ai suoi villici donò 317 lire, e Andrea Danielato ne versò 580. Ancora oggi camminiamo su alcuni di quegli antichi marmi recuperati fra le macerie del 1945 e usati per formare il tappeto steso ai piedi della gradinata che sale al nuovo duomo.