Dal libro "Cent'anni in una città" di Giuseppe Toffanin junior - Rebellato editore 1973
Leggi anche "Il caso Murri Bonmartini" tratto da Enciclopedia del crimine, ed. F.lli Fabbri
Palazzo Bonmartini
padovano, di facoltosa famiglia, proprietario di cospicui beni nel cavarzerano, aveva sposato nel 1892 Linda
Murri, figlia del grande clinico bolognese Augusto.
Dopo la nascita di due bambini, sorti dissidi tra i coniugi, era intervenuta una separazione.
Il conte Bonmartini si era infine rappacificato con la moglie, a condizione che questa tornasse a stabilirsi nel
palazzo di via S. Francesco a Padova.
Il 28 agosto 1902 il Bonmartini venne ucciso a pugnalate nella casa di via Mazzini 39 a Bologna; il delitto venne
scoperto quattro giorni dopo e parve misterioso: il furto di gioielli e il ritrovamento di indumenti femminili fece
pensare che il Bonmartini si fosse recato nell’appartamento per un convegno d’amore.
L’11 settembre però Augusto Murri convocò il Giudice Istruttore e dichiarò che l’assassino era stato il figlio Tullio,
che aveva agito per legittima difesa. L’istruttoria portò invece all’arresto della vedova e di altri complici;
il processo, per suspicione, si svolse nel 1905 avanti la Corte d’Assise di Torino e vennero rinviati a giudizio Tullio
Murri, la sua amante Rosa Bonetti, il medico Pio Naldi come esecutori materiali, Carlo Secchi e Linda Murri per
aver determinato con premeditazione a compiere il delitto. Il processo destò un interesse eccezionale sia per la
notorietà della famiglia Murri, sia perché Tullio era un esponente socialista, e durò cinque mesi.
Alessandro Stoppato si costituì parte civile per i minori Maria e Nino Bonmartini; tra gli altri Enrico Ferri e
Teobaldo Calissano difesero Tullio; Arturo Vecchini, Agostino Berenini ed Enrico Cavaglià la Linda; Vincenzo
Morello il Secchi. Tullio Murri e il Naldi vennero condannati a trent’anni, Linda a dieci. (Tullio espiò gran parte
della pena, Linda ebbe la grazia: secondo Vecchini fu Visconti Venosta, reduce da un grosso successo diplomatico,
chiederla e a ottenerla dal Re).
(Archivio privato Rolando Ferrarese)